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La comunione legale dei beni tra i coniugi.

La comunione legale dei beni tra i coniugi è il regime patrimoniale legale della famiglia in assenza di un diverso regime convenzionale.


Ed invero, è facoltà dei coniugi optare per un regime patrimoniale diverso (quale la separazione dei beni, la comunione convenzionale o il fondo patrimoniale, quest’ultimo solo eventuale ed integrativo di uno tra gli altri regimi), giacchè in assenza di diversa convenzione si avrà il regime di comunione dei beni a far data dalla celebrazione del matrimonio.


Ne consegue che dalla predetta celebrazione e fino all’eventuale scioglimento del regime di comunione legale si avrà una condivisione degli incrementi di ricchezza conseguiti da entrambi i coniugi, anche per effetto dell’attività di ciascuno di essi.

Pertanto, tutti i diritti sui beni, acquistati da uno o da entrambi i coniugi, cadranno in comunione in pari quota tra gli stessi.


Vi è da precisare, però, che la comunione dei beni tra i coniugi non è "universale", cioè a dire che non comprende indistintamente tutti i beni, sicchè la normativa di riferimento in materia fornisce una elencazione dettagliata dei beni che costituiscono oggetto della comunione e di quelli che, viceversa, ne sono esclusi, in quanto rientranti nel novero dei “beni personali” (si vedano artt. 177 e 179 c.c.).


Quanto poi alla disciplina normativa relativa all’amministrazione dei beni rientranti nella comunione, si ravvisa in essa la finalità precipua di tutelare “l'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi”, in ossequio a quanto espressamente sancito dall’art. 29 della Costituzione.


A mente dell’art. 180 c.c., infatti, “l’amministrazione dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi”, mentre “il compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, nonché la stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento e la rappresentanza in giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi”.


E’ opportuno evidenziare che si ravvisano diverse pronunce della giurisprudenza di merito che hanno statuito la non applicabilità ai conviventi more uxorio del regime della comunione legale tra i coniugi, ritenuto che la famiglia fondata sul matrimonio gode di una netta poziorità, anche costituzionale, rispetto alla c.d. famiglia di fatto e che, pertanto, non può applicarsi analogicamente al rapporto more uxorio il regime di comunione legale tra coniugi di cui agli artt. 159 e segg. c.c.


Ne consegue, a mero titolo esemplificativo, che qualora uno dei conviventi more uxorio abbia acquistato un bene immobile a proprio nome, l’altro convivente non acquirente non potrà, in linea di principio, considerarsi contitolare pro indiviso del bene stesso.

 
 
 

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