Assegno divorzile e convivenza di fatto.
- Avv. Mario Passalacqua
- 22 feb 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 21 gen
Nuove prospettive dell’assegno divorzile alla luce della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 05 Novembre 2021, n. 32198.
Con la sentenza del 05 Novembre 2021, resa a Sezioni unite, la Suprema Corte ha composto il contrasto esistente in merito alla sopravvivenza, o meno, dell’assegno divorzile nell’ipotesi in cui il soggetto beneficiario dello stesso abbia instaurato, nelle more del procedimento di divorzio, o nel corso del procedimento di modifica delle condizioni ex art. 9 della Legge n. 898/1970, una convivenza di fatto da considerarsi stabile.
Al fine precipuo di ben comprendere come la sentenza in parola abbia risolto il suddetto contrasto, occorre in primo luogo fare un passo indietro per evidenziare che, in materia, si sono delineati nel tempo tre distinti orientamenti giurisprudenziali, tutti accomunati dall’attribuire rilevanza giuridica al fatto nuovo della convivenza e dall’ancorare il diritto a percepire l’assegno di divorzio all’accertamento giudiziale del requisito della stabilità della convivenza.
Un primo orientamento, risalente già all’entrata in vigore nel nostro ordinamento della Legge sul divorzio, afferma che l’instaurarsi di una nuova duratura convivenza non implica di per sé la cessazione automatica del diritto a percepire l’assegno divorzile, che può eventualmente essere rimodulato dal Giudice nel suo ammontare (si vedano Cassazione Civile, sentenza n. 1477/1982, n. 2569/1986, n. 3270/1993, n. 13060/2002, n. 1179/2006, n. 2709/2009).
Un secondo orientamento, pur non ponendosi in netta contrapposizione con il precedente, afferma che il diritto all’assegno divorzile rimane sospeso per tutta la durata della convivenza, entrando in una sorta di quiescenza, ma può riprendere vigore ove venga a cessare la convivenza, operando in questo caso una sorta di reviviscenza (in tal senso si vedano Cassazione Civile, sentenze n. 11975/2003 e n. 17195/2011).
Una netta inversione di rotta viene segnata da un terzo, più recente, orientamento della Corte di Cassazione (inaugurato con la sentenza n. 6855/2015 e ribadito con sentenze n. 2466/2016, n. 18111/2017, n. 2732/2018, n. 5974/2019, n. 29781/2020), con il quale si statuisce l’estinzione automatica del diritto all’assegno divorzile a seguito e per effetto dell’instaurarsi di una famiglia di fatto e/o di una stabile convivenza di fatto.
Nel susseguirsi dei sopra citati orientamenti, connotati a ben vedere dalla netta e secca alternativa “estinzione - non estinzione” dell’assegno divorzile, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la recente pronuncia del 05 novembre 2021, scelgono una terza via enucleando alcuni principi di diritto racchiusi nella massima che si riporta di seguito. “L’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno. Qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa. A tal fine, il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare; della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio; dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge. Tale assegno, anche temporaneo su accordo delle parti, non è ancorato al tenore di vita endomatrimoniale né alla nuova condizione di vita dell’ex coniuge ma deve essere quantificato alla luce dei principi suesposti, tenuto conto, altresì della durata del matrimonio”.
In buona sostanza, può evincersi dalla suddetta ultima pronuncia giurisprudenziale che l’instaurazione di una convivenza di fatto non comporta l’automatica estinzione del diritto a percepire l’assegno di divorzio, ma è opportuno evidenziare come gli Ermellini siano addivenuti a siffatta conclusione ponendo a fondamento del proprio ragionamento sostanzialmente due elementi.
Il primo è dato dall’impossibilità di applicare analogicamente l’art. 5, comma 10 della legge sul divorzio che circoscrive la perdita del diritto all’assegno divorzile solo al caso in cui il soggetto beneficiario contragga nuove nozze; pertanto, atteso che “la situazione di convivenza non è pienamente assimilabile al matrimonio” sussiste un c.d. vuoto normativo fintanto che non vi sarà un intervento riformatore sul punto.
Il secondo elemento che si pone a supporto del ragionamento sotteso alla pronuncia in questione è costituito dall’individuazione della natura esclusivamente compensativa dell’assegno divorzile (e ciò in contrapposizione con la decisione delle Sezioni Unite n. 18287/2018 che aveva affermato la natura composita dell’assegno divorzile, assistenziale e compensativa).
Nella sentenza del 05 novembre 2021, infatti, si legge testualmente che “in caso si instauri una convivenza stabile, giudizialmente provata, deve ritenersi che essa valga ad estinguere, di regola, il diritto alla componente assistenziale dell’assegno di divorzio anche per il futuro, per la serietà che deve essere impressa al nuovo impegno, anche se non formalizzato, e per la dignità da riconoscere alla nuova formazione sociale”; ed ancora, la Suprema Corte continua affermando che “il venir meno del diritto alla componente assistenziale dell’assegno qualora si intraprenda una nuova convivenza stabile si coerenzia e si bilancia con la previsione normativa di una, per quanto limitata, copertura di tutela per l’ex coniuge nel caso in cui anche il nuovo progetto di vita non vada a buon fine in capo al nuovo convivente: la L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 65, prevede il diritto di ricevere un assegno alimentare dall’ex convivente qualora versi in stato di bisogno”.
Appare interessante, ad avviso dello scrivente, evidenziare altresì come il ragionamento della Suprema Corte faccia un cenno all’evoluzione sociale degli ultimi cinquant’anni in seno alla quale “ad un modello sociale unitario, che tendeva ad identificarsi nella famiglia indissolubilmente fondata sul matrimonio, si è sostituita una realtà composita, in cui si ha una pluralità di formazioni familiari, la cui pari dignità si fonda sulla Costituzione e deve essere tutelata, siano esse fondate sul matrimonio o meno”.
Tuttavia, sembrerebbe, a parere di chi scrive, che l’avere privato l’assegno divorzile dalla sua funzione assistenziale possa tradursi nel rischio concreto di attribuire all’assegno stesso una funzione di mero compenso per quanto si è contribuito, o si è sacrificato, nel corso del matrimonio, con ciò prestando il fianco a verosimili diseguaglianze, oltrechè a dubbi interpretativi da parte degli operatori del diritto.
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